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Posts Tagged ‘Cinema’

img482Ad ogni ricostruzione sulla tragica fine di Pier Paolo Pasolini, viene fuori l’insensato spregio sull’uomo, il Golgota delle atrocità patite nel silenzio notturno di Ostia; dei suoi carnefici senza nome e volto se non quello, oramai invecchiato e “bugiardo” di Pino Pelosi. Resta nella memoria lo “straccio” umano, La “monnezza” dei resti del grande poeta, scrittore, letterato e regista, Pier Paolo Pasolini, scambiato nei giorni dei morti, da una donna, per un cumulo di monnezza tanto era stato ridotto il corpo devastato da inenarrabili violenze.
Si è detto e scritto molto sul suo assassino, difficile da sempre a pensarlo solo in quel delitto e, nonostante gli anni passati, ancora mezze verità che Pelosi non riesce a colmare e raccontare.
Quel remoto, desolante episodio, che ci ha lasciati orfani di un grande intellettuale, viene evocato in una nuova deposizione di Pelosi, documentato dalla regista Roberta Torre: La notte quando è morto Pasolini che sarà proiettato il 14 maggio al cinema Aquila a Roma.

Chi ha ucciso Pasolini, di Mario Cirrito, (intervista di Gay.it) Arcigay

Quel ‘fagotto’ straziato di sangue e violenza, trovato da una donna alle prime ore del 2 novembre 1975, resti esanimi del corpo di Pier Paolo Pasolini, torna ai nostri occhi, alla nostra ribellione, dopo una nuova verità di Pino Pelosi in Tv.
“Non sono stato io a uccidere ma tre sconosciuti con accenti marcatamente meridionali”, dichiara l’ex ragazzo di vita. Poi spiega i silenzi, gli anni di carcere, le minacce; basisce gli avvocati Guido Calvi e Nino Marazzita, presenti in studio. In qualche maniera, Pelosi torna a trascinarci nell’Italia delle trame e dei misteri, studiati e messi in pratica da servizi deviati dello Stato. L’uomo dal trentennale silenzio apre un vaso di pandora dove, forse, potrebbe esserci di tutto.

Senatore Guido Calvi, lei conosceva Pasolini?
Sì, lo conoscevo benissimo. Quando ero studente universitario, negli anni ’60, organizzai una serie di conferenze e invitai anche Pasolini per parlare di letteratura e cinema. Quella sera lui venne alla Casa della Cultura e fu immediatamente aggredito da un gruppo di fascisti. Fu lui stesso a inseguirli mentre la polizia rimaneva inerte a guardare. Fu così che vidi per la prima volta Pier Paolo.

Che verità sono le due versioni, a distanza di anni, del Pelosi?
Una è falsa e una è vera. L’ultima ha confermato quanto abbiamo sostenuto nella memoria conclusiva e quanto da me detto nell’arringa finale. Infatti il primo giudizio condannò Pelosi per omicidio volontario in concorso con ignoti.

Si è detto di un incontro, la sera del 1° novembre ’75, tra Pasolini e ignoti per il furto del film “Salò”.
Citti ha lanciato questa idea che non è irragionevole. Io progettualmente sto agli atti. Si deve partire dal fatto che sul luogo c’erano altre persone; dalle parole pronunciate si evince che fu un’aggressione politica, quasi identica a quella che negli anni ’30 colpì un altro grande poeta spagnolo, assassinato dai fascisti. Chiaro?

Chiarissimo.
Bene! L’omicidio politico è nel fatto che quella voce di Pier Paolo non doveva essere più sentita, per quello che diceva. Lui era isolato e in questo entra anche la questione della sessualità. In una cultura fascista, virilistica, omofobica, certamente necessitava punire Pier Paolo politicamente e anche perché era un omosessuale dichiarato. Era un obiettivo preciso di certi personaggi: è lì che bisogna cercare gli eventuali assassini.

Può ricordare ai tanti giovani omosessuali cos’era l’Italia dei tempi di Pasolini?
Un’Italia così terribile che, rileggendo i giornali dell’epoca, anch’io rimango sconcertato e mi domando come abbiamo fatto a superare quella stagione. Allora difendevo Valpreda nel processo di Piazza Fontana; in quegli anni il processo veniva continuamente interrotto, spostato e ancora interrotto. Nel ’74 c’era stata la strage di Brescia, poi quella dell’Italicus: c’era una aggressività della violenza fascista che era anche stragista e terrorista.

Vi erano anche terribili violenze sessuali.
Ha ragione. Dalla destra emergeva questa radicata cultura del virilismo e del combattere il diverso. Ecco allora le aggressioni a omosessuali, a Franca Rame, alle donne del Circeo dove al processo sostenni che la matrice culturale era nella inconfessabilità della loro latente omosessualità.

Violenze che hanno toccato gangli dello Stato se, nell’inchiesta di Guido Salvini sull’eversione nera, si parla di omosessualità usata come arma dall’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno.
Certamente, basti pensare a quello che è successo nei Servizi che raccoglievano dossier sugli aspetti della sessualità di noti esponenti politici.

E ricattavano.
Erano i fascicoli Sifar che venivano utilizzati per ricatti politici.

Può entrarci ‘l’affaire’ Pasolini?
Credo proprio di sì, perché era questo il terreno culturale in cui nasceva quella violenza. Non dimentichiamo che Pasolini era attaccato da destra e da sinistra, solo che essendo il più grande intellettuale italiano del ‘900 reggeva benissimo la polemica.

Ci dia serenamente una valutazione sugli anni in cui il Pci non solo non difese Pasolini dalla terribile accusa di pedofilia ma lo cacciò a causa della sua omosessualità.
Il Pci era anch’esso immerso in questa cultura omofobica che avvolgeva tutti. Ci sono voluti ‘colpi mortali’ per far morire quella cultura e, devo dirle che anche oggi ci sono ancora questi segni di violenza sessuale, perché gli stati culturali sono sempre lenti a maturare. Perché dico che occorre far luce? Perché vuol dire capire il perché di quell’assassinio e perché ognuno di noi rifletta sulle ragioni di quella morte.

Quali sentimenti ha provato nel difendere la madre di Pasolini?
Quando si aprì il processo, la madre era ammalata e nessuno le disse quello che era accaduto a Pier Paolo. Io i rapporti li ebbi con la nipote Graziella, la parente più prossima a Pier Paolo.

Quali furono i maggiori errori nell’inchiesta. Si parlò di un carabiniere, Sansone, che fece dei nomi.

Errori se ne fecero a iosa, ma io non credo che si debba trovare nella piccola criminalità comune la risposta. Non si uccide Pier Paolo Pasolini così: potrebbe essere la mano armata ma, non vi è dubbio che il disegno era molto alto, se non addirittura istituzionale.

Cosa ha provato nel vedere con noi quelle foto del corpo massacrato di Pier Paolo?
Le ho viste una infinità di volte. Pensi: non avevano guardato le foto. Una notte Faustino Durante, il nostro perito, mi chiamò e corsi da lui perché aveva fatto una scoperta incredibile: vedemmo il corpo attraversato da pneumatici e così il Pelosi fu condannato.

Ci sarà una nuova indagine: come intende procedere?
Domani (oggi per chi legge) andrò dal Procuratore. Vediamo cosa e come possiamo muoverci.

Mi risponda da uomo di legge. Vi è possibilità per un’associazione omosessuale, tipo Arcigay, di costituirsi oggi parte civile?
Grande idea. A oggi, tecnicamente è difficile. Tuttavia, credo che il tentativo deve essere fatto. Poi, magari, respingeranno la costituzione di parte civile. Tenga conto che, in questa fase, non è possibile perché non ci sono imputati; ma se ci fossero si può fare. D’altronde le associazioni ecologiste fanno così in tanti casi.

Sarebbe un grande atto di testimonianza.
Certo, indubbiamente la questione che pone mi sembra estremamente interessante.

Che significato potrà avere oggi, sapere chi ha violato la vita di Pasolini?

Una importanza straordinaria. Occorre ripensare a quella fase storica del nostro Paese, scoprire quei lati lasciati volutamente oscuri. Non basta l’accertamento storico ma un accertamento giudiziario mi sembra importante.

* * *

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20090507_daA volte sembra di vedere in lui il padre; con lo stesso spirito, lo stesso sarcasmo e la gestualità che sembra proprio quella del padre Vittorio. Il tempo stesso lo fa diventare sempre più uguale al padre e anche sempre più bravo.
Ma il chiacchiericcio sulla sua sessualità, anzi sulla sua presunta omosessualità non è nuovo: negli anni le illazioni si sono allargate, a partire da una intervista che rilasciò nel lontano 1994 a Babilonia, la storica rivista omosessuale, dove raccontò di seghe “amicali” con Verdone Carlo e gli si appioppò, chissà come, una “storiella” con Paolo Conticini.
Smentisce tutto De Sica, in una bella intervista a Vanity Fair: «Se mi piacessero gli uomini, non avrei problemi a dirlo. Come diceva Luchino Visconti, “Se si è froci bisogna esserlo al massimo”. Ma non è così». Molti, malelingue o presunte sibille, continuano a dire il contrario.
Oggi Christian è riuscito a diventare un bravo, bravissimo attore, poco conta il resto. Sappiamo quanto è legato alla moglie Silvia e quanta passione si legge nel suo lavoro. Magari, un giorno, magari sempre su Babilonia racconterà ancora quanta è bella la sua storia, con o senza omosessualità.

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ruperteverettDeluso ed amareggiato dai movimenti omosessuali che sembrano diventare sempre più un coacervo di “vecchie” regine; egocentrici e vanesi i padri di famiglie omosessuali.
Non si risparmia e non risparmia critiche, l’attore britannico Rupert Everett in una intervista rilasciata al sito Daily Beast. Everett, che per esteso fa Rupert James Hector Everett, dopo aver dichiarato pubblicamente la sua omosessualità, ha avuto problemi con le major cinematografiche che lo hanno in un certo senso emarginato dopo alcune interpretazioni magistrali di film che sono entrati nella storia del cinema mondiale. Recentemente sta facendo il suo debutto a Broadway con Blithe Spirito dove l’attore interpreta uno scrittore.
Al Daily Beast, Everett ha parole grevi contro i padri omosessuali rei di volere a tutti i costi dei figli diretti mentre lui si dichiara più disponibile alle adozioni. Poi gli argomenti si spostano sul teatro, il cinema, la politica.
Al redattore che gli chiede se intende accedere al matrimonio omosessuale, Rupert risponde: “Matrimonio? Voglio essere illegale, intendo vivere al di fuori di questo mainstream”.

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img446Chissà perché, ogni volta che soggiorno in qualche hotel Hilton, ricordo che appartiene a una bionda che ha fatto di tutto per non rimanere anonima, nonostante il suo cognome sia scritto a caratteri cubitali su centinaia di enormi e lussuosi palazzi sparsi nel mondo. Pare stia mettendo la testa a posto la Paris Hilton, dopo aver incontrato Doug Reinhardt. Ora sogna un matrimonio e una bambina da accogliere con tutti gli onori nella sua fastosa residenza di Los Angeles.
Dicono di lei che sia vanitosa, a tal punto che se si riesce a varcare una delle sue case si possono notare pareti intere tappezzate con le sue foto. Ma l’ultimo “vizio” della biondissima è quella di conservare la sua splendida collezione di borse Gilli in frigorifero dove l’accessorio può avere la refrigerazione adeguata a conservarsi nel migliore dei modi. Naturalmente un cameriere è addetto al controllo.
Ma questo tipo di “manie” non riguarda solamente la Hilton. Da un reportage pubblicato oggi sul quotidiano “La Stampa” una pletora di star hollywoodiane si dedica con dispotica passione ad essere delle vere star anche con il personale di servizio, che qualche volta si arrabbia e li denuncia, come è successo parecchie volte alla “venere” Naomi Campbell che amava lanciare telefonini contro le sue assistenti.
Il dispotismo o mobbing di queste madamespesso si colora di ridicolo, come è successo a Julia Roberts, collezionista accanita di orologi Eberhard.
200px-monalisa_premierDa quel che riporta La Stampa, pare che la splendida interprete di Pretty Woman abbia vietato alla servitù di avvicinarsi alla sua cassaforte dove custodisce i suoi preziosi orologi. Fatto è che un giorno che voleva aprirla si dimenticò della combinazione. Andò su tutte le furie e ordinò al personale di scassinarla in sua presenza.
Insomma ogni star ha le sue manie, che si tratti di attrici, attori o cantanti. Dicono che Elton John chiede nel suo camerino fiori a non finire esclusi gigli, margherite e garofani. Chissà perché!
La più dispotica a quanto pare è la moglie di Sting, Trudi Styler, che a suo tempo fu denunciata dalla sua cuoca perché “terrorizzava i dipendenti della residenza di Salisbury, sottoponendoli ad abusi gratuiti per sentirsi regale”. Ma ci sono anche bizzarrie come quella di Jennifer Lopez che ha un “allaccia scarpe” addetto solo a quello e una addetta alla depilazione.
Insomma, altro che la “feroce” direttrice di “Il diavolo veste Prada”; le nostre amate star o vengono coccolate con i peggiori dei capricci o vanno in depressione. O vengono mandate al diavolo!
Pare

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img436La sua casa è meta di pellegrinaggi; sventolano bandiere, messaggini affettuosi e tristi, palloncini colorati, mazzi di fiori guardati con tenerezza da nonne emozionate e fanciulli che non sanno ancora cosa è la vita. Lei, Jade Goody, spentasi domenica per un tumore incurabile, continua a riempire le prime pagine dei quotidiani britannici e fa vendere più copie ai tabloid.
L’hanno paragonata, per l’isterica commozione che ha attraversato l’intero regno di Elisabetta, alla principessa Diana, seppur “dal lato sbagliato della carreggiata”. In quel “lato oscuro e sbagliato”, Jade ci ha vissuto quella sua breve vita, in una famiglia non proprio esemplare. Dopo la partecipazione al GF inglese, la Goody attrasse la simpatia e la curiosità della gente, tanto che le sue interviste le fruttarono quasi 8 milioni e mezzo di euro che la Jade non delapidò pensando al futuro dei suoi due pargoletti, Bobby e Freddy.
Ora quella vita spentasi prematuramente, verrà narrata in un film, la cui regia dovrebbe essere affidata a Nick Love, prendendo spunto per la sceneggiatura dalla sua seconda autobiografia “Catch a Falling Star”.
Il marketing delle emozioni non conosce ostacoli, nel caso di Jade Goody come in altri casi come questo, perché si fa subito marketing economico da dare in pasto alle genti avide di storie, e non importa se siano esemplari o sbandate, come fu quella di Jade. Forse, storie come quella di questa sfortunata ragazza, ci aiutano tutti a vivere e ci nutrono di nuovi sentimenti, chissà!
L’amore materno di Jade, ha comunque assicurato un futuro ai suoi figli che potranno contare sulla milionaria eredità lasciata dalla madre, le royalties sui libri, film e quant’altro.

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200px-jim_carrey_horton_hears_a_who_2008-crop200px-ewanmcgregorjuly06Fu amore molesto quello dei due cowboy che si scambiarono effusioni nelle verdi montagne del Wyoming? Beh, scordatevi tutto e concentratevi su un’altra storia che sta facendo discutere la distribuzione cinematografica americana che deve decidere se mandare nelle sale un film “scabroso”” ma con interpreti famosi o pubblicarlo su dvd.
Il film si intitola “I love you Philip Morris”, interpretato da Jim Carrey e Ewan McGregor. La pellicola racconta la storia di Steven Russell, omosessuale, condannato a più di 100 anni di carcere. Steve finì dentro per aver truffato parecchie persone e mantenere un alto tenore di vita che altrimenti non avrebbe potuto concedersi. In carcere, conosce Morris e se ne innamora perdutamente. Con lui e per lui comincia una vera e propria ecatombe di tentate fughe.
Chi è riuscito a vedere il film a gennaio, al Sundance Film Festival , racconta di scene sessuali così esplicite da far arrossire le solite a marchio etero. A storcere parecchio il naso anche le case di distribuzione, atterrite da un flop di pubblico, proprio a causa di quelle scene incriminate.
Ora, il film che è costato quasi 13 milioni di dollari rischia seriamente di non entrare nelle sale cinematografiche, ma di essere dirottato sul mercato, comunque abbastanza seguito, dei dvd.
Da noi, potrebbe uscire a fine primavera, ma se in America viene bandito…..

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