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Posts Tagged ‘Medicina’

Dichiarazione di Sergio Rovasio, Segretario Associazione Radicale Certi Diritti:

“L’esclusione dalla donazione di sangue di un ragazzo, da parte del Policlinico di Milano, è grave e preoccupante perché la motivazione non si basa su elementi di stile di vita considerati dalla scienza ‘a rischio’ ma semplicemente su quella dell’orientamento sessuale. Ciò che è ancor più grave è che i dirigenti del Policlinico, per difendere il loro operato, si giustifichino citando una Direttiva europea e un decreto ministeriale che semmai conferma che l’esclusione dalla donazione di sangue si deve basare sul comportamento ‘a rischio’ delle persone e non sul loro orientamento sessuale. Questo comportamento è preoccupante e dimostra in modo inequivocabile come le forme di discriminazione si affermino sempre più in questo paese”.

I parlamentari radicali nel Pd hanno depositato oggi la seguente interrogazione parlamentare urgente:

Al Ministro del Lavoro, salute e politiche sociali
Al Ministro per le Pari opportunità
Al Ministro per i Rapporti con le Regioni

Interrogazione a risposta scritta

Per sapere – premesso che:

– lo scorso 27 marzo e Milano, il Signor Lorenzo Masili, si è recato al Policlinico di Milano in Via Francesco Sforza per una sua prima donazione del sangue;

– dopo aver fatto tutte le verifiche relative ai parametri glicemici, con buoni risultati, è iniziata la visita e il colloquio con il medico; il Signor Masili ha informato il medico di non avere mai avuto malattia infettive, di avere sempre avuto i valori ematici nella norma, di svolgere regolarmente attività sportiva, di godere di ottima salute, di avere un rapporto monogamico da 8 anni con il suo compagno;

– per tutta risposta il medico ha comunicato al donatore che egli è un ‘soggetto a rischio’, che i suoi rapporti intimi sono ‘tipicamente rischiosi’ e che egli stesso avrebbe dovuto immaginare, leggendo le regole d’accesso alla donazione, che non sarebbe stato idoneo;

– alle rimostranze del Signor Masili, la Dottoressa ha precisato che lei non può sapere effettivamente se un donatore è omosessuale oppure no perché ‘non portano il fiocchetto rosso’ e alla richiesta di conoscere quali sono le disposizioni normative di legge nazionali o regionali non è stata data alcuna risposta; è stato spiegato che viene applicato un loro ‘protocollo’; l’unico documento prodotto dalla Dottoressa al Signor Masili è un documento in inglese del 2005 che riprodurrebbe degli studi americani, che sconsiglierebbero la donazione di sangue agli uomini gay;

– lunedì 30 marzo nella Cronaca di Milano del Corriere della Sera il Centro Trasfusionale e immunologia dei Trapianti del Policlinico di Milano, in una lettera di precisazione su quanto avvenuto veniva tra l’altro dichiarato che: “… l’esclusione
dalla donazione di sangue di soggetti maschi i quali abbiano rapporti omosessuali – indipendentemente dal numero di partner – deriva dalle indicazioni della Commissione Europea (Direttiva 2004/33/EC) e della Legge italiana (Decreto ministeriale 13.4.2005, allegato 4) che appunto impediscono la donazione da parte di soggetti con comportamenti a rischio…”;

– la Direttiva 2004/33/EC richiamata (http://eur-lex.europa.eu/Notice.do?mode=dbl&lang=en&ihmlang=en&lng1=en,it&lng2=bg,cs,da,de,el,en,es,et,fi,fr,hu,it,lt,lv,mt,nl,pl,pt,ro,sk,sl,sv,&val=343174:cs&page=) , relativamente alla definizione delle persone a rischio, dice, all’annesso III, che “le persone che hanno un ‘comportamento sessuale che le mette ad alto rischio di acquisire malattie virali severe che possano essere trasmesse per via sanguigna’ sono da respingere…”. Il testo in inglese testualmente dice: “Persons whose sexual behaviour puts them at high risk of acquiring severe infectious diseases that can be transmitted by blood” (vedi tabella al link del testo della direttiva: http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2004:091:0025:0039:EN:PDF

– relativamente alla Legge italiana richiamata (Decreto Ministeriale 13.4.2005 allegato 4) viene precisato che tra i motivi di esclusione dalla donazione, relativamente al comportamento sessuale, si intendono le “Persone il cui comportamento sessuale le espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili con il sangue”.

Per sapere:
– su quali basi normative di legge nazionali e/o regionali agli omosessuali è impedita la donazione di sangue;
– se non ritenga il Ministro che nel caso in premessa sia evidente un comportamento di grave discriminazione che esula totalmente dai parametri medico-scientifici volti a stabilire chi è a rischio e chi non lo è riguardo la donazione del sangue e che quanto sostenuto a difesa non abbia alcun fondamento scientifico;
– quali sono gli studi medico-scientifici, aggiornati all’ultimo anno, che impediscono alle persone omosessuali di donare il sangue;
– se non ritenga il Governo che questa sia solo una delle tante cause di discriminazione che vengono attuate nei confronti delle persone omosessuali e se non ritenga sia sempre più urgente avviare campagne informative ed educative anche nel campo socio-sanitario;
– se non ritenga il Ministro urgente chiarire, con dati medico-scientifici alla mano, che non è la condizione di omosessualità o eterosessualità a rendere più o meno ‘a rischio’ una persona relativamente alla donazione del sangue ma semmai lo è lo stile di vita su alcuni specifici campi;
– Per quale motivo il Centro Trasfusionale e immunologia dei trapianti del Policlinico di Milano cita, a difesa del suo operato la Direttiva europea 2004/33/EC e la Legge italiana (Decreto Ministeriale 13.4.2005 allegato 4) che non precisano in alcun caso l’esclusione dalla donazione del sangue le persone che non hanno comportamenti sessuali a rischio né, tantomeno, le persone omosessuali;
– quali iniziative il Governo intende promuovere verso la Regione Lombardia per scongiurare il ripetersi di tali episodi.

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logofinalSi fa di tutto per apparire belli, seducenti, piacevoli. Riguarda le donne e gli uomini, questi ultimi sempre più impegnati a cospargere il proprio corpo di creme e ungenti e dosare la propria alimentazione. E riguarda anche i gay. In questa spasmodica ricerca della bellezza a tutti i costi, si finisce per entrare nella patologia dei disturbi alimentari, in crescita nel sesso maschile. Lo dice uno studio, pubblicato in questi giorni da ANRED che lancia un campanello di allarme per i maschietti eterosessuali e per i gay che sviluppano disturbi alimentari per diverse ragioni.
Secondo l’ANRED, alcuni fattori che portano i maschi ai disturbi alimentari sono: l’essere in sovrappeso o grasso; fare una dieta per migliorare il proprio aspetto; essere un membro della comunità gay; fare uno sport che richiede un fisico magro; vivere l’ossessione delle diete e del bell’aspetto fisico.
Per i gay la tendenza è quella di concentrarsi sulla propria immagine corporea, l’aspetto, l’apparire seducente e quindi a seguire diete disordinate e alimentazioni che rendono vulnerabile la propria salute. C’è anche un feedback negativo da parte della società che non aiuta a viversi meglio.
In America, secondo ANRED, riguarda il 5 per cento della popolazione che sale al 45 per cento col resto della popolazione maschile.
Succede anche che per molti sportivi, la voglia di eccellere e vincere a tutti i costi contribuisce alla comparsa dei sintomi dei disturbi alimentari. E poi anche i problemi sociali come il bullismo che colpisce i giovanissimi sovrappeso, spesso derisi e presi in giro a causa del loro sovrappeso. E spesso è anche questo a creare sentimenti negativi e a liberarsi in maniera disordinata del peso in eccesso.
Lo studio pone l’accento sul fatto che gli uomini oggi sono molto più preoccupati del proprio aspetto fisico di quanto non lo fossero in passato.
Le soluzioni, secondo lo studio ANRED, sono quelle di superare la vergogna di sentirsi affetto da disturbi alimentari e sottoporsi all’assistenza medica.
«Per molti uomini, spiega Brad Kennington, direttore di un centro di trattamento dei disturbi alimentari in Texas, la paura di scoprire questo disordine e di entrare in terapia è che gli altri lo possano vedere come una “femminuccia” o un gay assoluto. Gli uomini sono lenti a cercare un aiuto medico».
Al Centro Austin Sendero, i pazienti imparano uno stile di vita sano, facendo fitness, una corretta alimentazione e terapie per sviluppare un rapporto corretto con i coetanei, la famiglia e loro stessi.

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logoContro ogni evidenza scientifica, esistono ancora oggi psicoterapisti e psichiatri che si dicono convinti che dall’omosessualità se ne può uscire; che i pazienti che si rivolgono a loro possono “guarire” dalla loro condizione e diventare eterosessuali.
Lo dice uno studio pubblicato da BMC Psychiatry, condotto su oltre 1400 terapisti e redatto da Annie Bartlett, Glenn Smith e Micahel King. Delle risposte arrivate, un terapista su sei ha ammesso di aver praticato, su richiesta del cliente, terapie induttive per cercare un cambiamento di orientamento sessuale.
«Ci sono davvero scarse evidenze scientifiche a dimostrare dell’efficacia di simili tentativi di trattare l’omosessualità. Di fatto, questi tentativi possono invece essere dannosi alla persone. E’ sorprendente scoprire che ancora oggi una minoranza di terapisti offra questo tipo di trattamento ai propri clienti», dice Michael King, uno dei responsabili dello studio.
Gli psicoterapisti e psichiatri intervistati hanno dichiarato che gli omosessuali che si rivolgevano a loro, volevano guarire a causa di conflitti con parenti e amici che li faceva sentire discriminati ed emarginati. Altri si sottoponevano alle terapie per questioni religios, culturali e di valori.
«E’ importante – dice King – che i terapisti ma anche l’opinione pubblica prendano coscienza di cosa sia l’omosessualità. Il miglior aiuto che possono dare è quello di mostrare a gay e lesbiche che non c’è niente di patologico nel loro orientamento sessuale».

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Mi ha felicemente colpito una notizia riportata dal quotidiano di Livorno “Il Tirreno”. Un operaio, circa un mese fa, era rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, ed era entrato in coma.
La moglie, sapendo quanto il suo uomo fosse legato alla Juventus, è andata a trovare Marcello Lippi, suo concittadino, e gli ha chiesto di aiutarla.
Il capitano della Nazionale, racconta il quotidiano, si è subito attivato e ha fatto incidere in un cd le voci dei beniamini dell’operaio, che lo incoraggiavano.
Grazie alle voci di Del Piero, Buffon e Chiellini, l’uomo è uscito dal coma e pare stia migliorando.
Ecco, quest mi sembra proprio una bella notizia.

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img424Il tema dell’omogenitorialità, è un tema difficile in Italia; difficile e ostico a parecchi. Se di omosessualità se ne può parlare, qualche volta anche in maniera seria, magari tornando da destra a sinistra a parlare di diritti mancanti; la questione genitoriale che vede due mamme o due padri come nuovo nucleo familiare, qui da noi è quasi tabù, ma a volte, alzando lo scolapasta della ragione, l’acqua trasborda da tutti i lati e ci rebndiamo conto che questi fantasmi ci sono, esistono, sono in casa nostra.

img425L’Associazione che maggiormente li rappresenta si chiama Famiglie Arcobaleno, fondata da una donna e da altri genitori. Quanti sono? In Famiglie Arcobaleno, circa 500 tra adulti e fanciulli, ma si stimano in 100 mila i bambini che vivono in una famiglia omoparentale in Italia. Il problema è che non possiamo chiamarle famiglie perché per lo Stato sono apolidi, non esistono.
Di queste “famiglie” oggi ne parla, in maniera esaustiva, La Repubblica, Molti tra noi li ricordano sfilare ai Gay Pride, su un trenino coloratissimo e festaiolo.
A quanti dicono che l’omosessualità è un problema per la gestione della forza lavoro nella società; la risposta è tutta dentro queste famiglie che curano, mettono al mondo questi bambini (e lo vanno a fare all’estero, grazie anche all’aiuto della scienza), e non hanno nulla da nascondere o rimproverarsi rispetto alle famiglie eteroparentali. Girarsi dall’altra parte, come intendono fare molti cittadini e politici, non solo non serve a nulla ma diventa un nuovo progetto sociale di discriminazione. I genitori omosessuali esistono e sono tutelati in molte democrazie del mondo. Pediatri preposti al controllo su queste famiglie, raccontano che i bambini cresciuti in questi nuclei familiari sono sereni, hanno l’affetto che gli spetta anche se a volte se la devono vedere col mondo esterno. “Il vero problema”, dicono “è la non esistenza giuridica di queste famiglie.
Nel servizio di Repubblica, c’è una testimonianza di due padri, romani, che hanno due bambini nati in California da due maternità surrogate. Uno dei due racconta: «Nostra figlia va al nido pubblico; all’inizio le maestre erano sconvolte, smarrite, poi hanno iniziato a fidarsi, hanno addirittura inventato una favola in cui ci sono le zebre con due mamme, e i cuccioli di leone con due papà».

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camerun_itPapa Ratzinger è in volo verso l’Africa sub-sahariana per una visita che lo porterà in Camerun e Angola. Durante il tragitto aereo, parlando con la stampa al seguito, ha detto: «L’aids è una tragedia che non può essere risolta con il denaro, né attraverso la distribuzione di preservativi che persino aggravano il problema».
L’Africa, come sanno in tanti, è uno dei posti al mondo più colpita dal terribile virus, non soltanto a causa di una povertà estrema che non aiuta le popolazioni ma anche per il semplice motivo che le industrie farmaceutiche non hanno alcun interesse a dare gratuitamente i medicinali necessari in ina terra che non darebbe loro alcun profitto. Spesso le donne, trattate più da schiave che da esseri umani, sono maltrattate e violentate, anche in famiglia; subiscono violenze indicibili e disumane. La povertà fa poi il resto, occupandosi di loro e dei bambini malnutriti e ammalati.
Lo scorso anno, una sessantina circa di gruppi cattolici scrisse una lettera aperta a Benedetto XVI, chiedendogli di annullare l’opposizione che il Vaticano predicava contro i contraccettivi, perché quel divieto esponeva milioni di persone al rischio di contrarre l’aids.
Oggi la risposta papale e la replica dell’Arcigay: “siamo al paradosso, siamo alla complicità consapevole di contribuire al diffondersi di una patologia che proprio in Africa, in assenza di risorse adeguate, di politiche di prevenzione, e di distribuzione dei farmaci che impediscano lo sviluppo aggressivo della malattia, assume i tratti di vera e propria pandemia”.

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